Omicidio o suicidio?
Da poco si è svolto il tanto atteso “Game Awards”, un evento imperdibile per gli amanti del mondo video ludico, tanto quanto lo era il compianto E3. L’evento E3 era ormai da diversi anni sul bilico del precipizio, dopo anni difficili portati da diverse discordie interne ed esterne. Non sorprende più di tanto ai molti che da tempo avevano fiutato l’imminente fine. Personalmente all’inizio ero rattristato, ma ad un’analisi fredda, la tristezza era dovuta alla notizia della cancellazione e non per la futura mancanza dell’evento. È preferibile una morte veloce e quasi indolore, prima che lo stesso evento divenisse moribondo su di un letto, portato avanti dai soli palliativi.
Il nostro amico Pino Cuozzo (@pinocuozzo a.k.a. @cupofpino_the_real) ci dice in una conversazione privata:
“Era già moribondo da qualche anno. Ma ieri si è sancita la fine di un’epoca dell’informazione videoludica e dei videogiochi in generale… …sono un po’ preoccupato con quest’accentramento della comunicazione quasi tutta interamente addosso a Geoff Keighley (creatore, produttore, e host del Game Awards)”.
Keighley dice che l’E3 non è stato ucciso dal Summer Game Fest (di cui è organizzatore e conduttore), ma si è portato alla morte da solo. Non siamo pienamente d’accordo. Un cambio di abitudini dell’audience, ritiro di partner, e un’era post pandemica hanno avuto il loro impatto. Certo, l’arrivo di nuovi competitori–appunto il S.G.F.–ha contribuito maggiormente a spostare l’ago della bilancia, o in questo caso, a far saltare l’evento dal precipizio. È stato solo il vento del cambiamento a far sbilanciare l’E3 o il Keighley ha dato una leggera spinta?
Alla fine, Geoff quanto può essere triste nel vedere il suo più grande competitor eliminato?
Illustrazione di Lucy Naland da The Washington Post.