Flashback. Un giovane me prende in mano un DualShock, inserisce un dischetto in una PlayStation 2, avvia il gioco, e subito si innamora di una di quelle che diventerà la saga video-ludica che lo accompagnerà nell’adolescenza.

(In realtà, sono arrivato tardi a conoscere il fenomeno “God of War”. Ero quasi maggiorenne e il mio primo approccio fu su una PSP… ma la storiella di prima fa più scena e quindi la teniamo così).

La parte dell’amore a prima vista però è vera. Mitologia Greca, nemici da macellare, e una storia accattivante ; cosa vuoi di più?

Ricordo ancora la mia (vera) prima volta con il primo titolo della saga ; l’ “hack and slash” di casa Santa Monica Studio (@santamonicastudio) mi stregò subito. Il gioco iniziava con una cut scene che mi fece nascere solo domande più che darmi un setting. La storia, poi, mi portò attraverso quelle che sarebbero dovute essere le ultime settimane di Kratos per poi finire la narrazione con una classica (e qui ci vuole) tragedia greca. Già avendo una buona conoscenza della mitologia greca, credevo di partire avvantaggiato (magari già con un po’ di spoiler subiti) e invece no. Il gioco prende ispirazione dalla mitologia greca, ma ne fa sua la storia e ne cambia diversi aspetti, e sapete cosa? Va bene. Game designer e creative director David Jaffe non aveva avuto mai in mente di adattare la mitologia al gioco, ma di creare un “Onimusha ma con mitologia greca”. La scelta d’incorporare la mitologia greca è dovuta a come Jaffe stesso immaginava parti del gameplay, come ad esempio la meccanica della testa della medusa.

Questa è storia e noi non facciamo lezioni ; quindi perché vi sto parlando di God of War oggi? Perché parlo del gioco che ha unito combat, platforming, e puzzle? Ci deve essere per forza un motivo? Beh, la realtà è che ho ripreso in mano il DualShock, inserito un dischetto nella PlayStation 3, e avviato il gioco che più mi ha divertito nella mia tarda adolescenza.

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