Boban Pesov definisce “viaggio” un’impresa che molti hanno tentato ma che non tutti hanno portato a termine: una speranza di una vita migliore.

Il viaggio di cui ci racconta Boban è ovviamente anche un viaggio emotivo. È una storia personale divisa in tre epoche differenti che percorrono un arco di 30 anni. Attraverso i ricordi di Robert e di ciò che gli ha raccontato suo padre Milan, la storia viene narrata saltellando qui e li nel tempo.

Dopo la dissoluzione della Jugoslavia e della conseguente crisi che percorre negli ora ex paesi, Milan parte in cerca di fortuna in totale clandestinità. Attraversa mezza Europa seguendo la cosiddetta “via Balcanica” per avere un futuro migliore per sé e per la sua famiglia.

In un’epopea moderna, Robert si ritrova anni dopo a raccontare e ripercorrere il viaggio, vivendolo in modo inverso e con confini diversi. È una storia che parla di famiglia, di sofferenza, e di origini che segnano in un modo o nell’altro la vita delle persone.

“C’era una volta l’Est” ci ha lasciato stupefatti, dove vi potremmo parlare sino alla nausea. Vi potremmo parlare del titolo che richiama il grande regista Sergio Leone, passando ai minuscoli dettagli stupendamente illustrati dal Pesov, continuando con le emozioni che ci ha trasmesso, per poi finire con la classica lacrimuccia.

Però perché farlo noi?  Abbiamo avuto il piacere di scambiare due parole in un’intervista con Boban e vi riportiamo un estratto.

PH by Leonardo Marciano

Inizierei subito col chiedere come sta andando il tour del libro nelle fiere e come è stato il tuo ritorno a queste?

Boban:

“… il ritorno è stato una botta perché non mi sono più abituato a fare così tanti eventi uno dopo l’altro, weekend dopo weekend… però sta andando molto bene. Il libro sta piacendo tanto… per adesso sono super soddisfatto sia da parte dei feedback che mi stanno arrivando delle persone che hanno già letto il libro, sia ovviamente di tutto ciò che avviene a livello live. Ecco, quando vado dal vivo a fare i firmacopie, vedo veramente tanto interesse.”

Sono passati ormai nove anni da quando pubblicasti il video con tuo padre che raccontava la sua esperienza da immigrato. “C’era una volta l’Est” è ovviamente ispirato a vita e fatti reali, ma quanto di Boban e Stojan c’è nella storia? Quanto Milan e Robert sono simili o dissimili dalla loro controparte reale?

Boban:

“Allora sì. Effettivamente è partito proprio da quel video. Romanticamente, forse, cerco un po’ di prendere quel video di riferimento per dire che forse è iniziato (tutto N.D.E.) lì; magari non propriamente. Non è che da quando ho fatto quel video, ogni giorno pensavo che dovessi fare il fumetto, che poi comunque son passati tanti anni. Però effettivamente all’epoca feci quel video che è andato anche molto bene, e dove mio padre per la prima volta, pubblicamente, senza neanche troppo timore, ha parlato della sua esperienza da clandestino negli anni 90. Però mi ricordo questa cosa; quando finì di registrare il video dissi proprio a mio padre questo: 

‘guarda papà, tante cose belle, interessanti. Magari un giorno potrei farci qualcosa anche di più sostanzioso, che potrebbe essere magari proprio un fumetto raccontare…’ 

Comunque, sai, in quel momento non avevo ben chiaro cosa potevo fare con quella storia che lui mi raccontò. Però oggi siamo arrivate qui con un fumetto dove effettivamente ci sono tanti aneddoti ispirati a mio padre. Però c’è tanto anche di romanzato, soprattutto le figure dei due personaggi che accompagnano Milan… Sono inventate, non esistono, ma sono un po’ la rappresentazione plastica forse di tanti giovani che sono partiti con idee diverse, con ideologie diverse, però sono tutti partiti per un obiettivo comune; cioè quello di arrivare a questa meta. Che può essere: la Francia, la Germania, la Svizzera e arrivare in un altro Paese e cercare di trovare un futuro migliore per sé per la propria famiglia. 

Quanto c’è di mio padre in Milan? Qualcosina. Effettivamente Milan è la rappresentazione di come io mi ricordavo mio padre quando ero giovane. Però poi dite ‘era veramente così?’ Forse no, forse alcune cose lo sono, anche proprio il romanzare una storia è anche legato a come uno si immagina le cose: come le vorrebbe e mischiata a come sono realmente… Questa cosa vale anche per Robert che è il protagonista, che potrebbe essere un po’ ispirato alla mia persona, però è diverso. Effettivamente ho cercato di accentuare alcuni difetti, che poi sono difetti che ho io. E poi magari evidenziare anche alcuni pregi, che sono anche pregi miei. Però alcune vicende sono effettivamente proprio romanzate, sono inventate per creare anche per il discorso dell’amore, e dell’amore della trama…”

PH by Leonardo Marciano

Tu e la tua famiglia avete vissuto quello che è stato il dopoguerra: il dopo il crollo dell’ex Jugoslavia. Come ti sei sentito nel rivivere gli avvenimenti quando hai scritto la storia e qual è stato il tuo processo per la scrittura?

Boban:

“Tutto ciò che conosco della guerra è più per il fatto che negli anni, soprattutto negli ultimi anni, ho iniziato un po’ a studiarla, a conoscerla meglio. È da lì, diciamo, mi ha sempre affascinato la tradizione dell’Est Europa, la storia, tutto il conflitto tra etnie che ci sono state, e che si sono susseguite negli anni… Mi hanno sempre affascinato ; sono cose che io ho sempre un pochino voluto riscoprire e conoscere… E ovviamente qui (in C’era una volta l’est N.D.E.) è ripresa soprattutto la storia recente dei Balcani, quindi la guerra in Jugoslavia che ho cercato di raccontarla più in background però sempre attraverso le parole dei personaggi… Quando andai per la prima volta in Macedonia, quindi la linea temporale del 2001, alcune cose le ricordo vagamente. Ricordo soprattutto le paure, i timori che avevo, a mia madre, alla guerra che c’era lungo i confini con l’Albania e col Kosovo. C’erano timori, i timori di affrontare le dogane per la prima volta; le dogane instaurate da qualche anno perché poi erano frontiere nuove dopo la guerra in Jugoslavia. Quindi non si sapeva come sarebbe stato l’approccio, e come saremmo stati trattati. E questa roba qua ho cercato di raccontarla attraverso sia le immagini ma anche attraverso le parole dei personaggi… I timori le paure sono sempre strettamente legate anche ricordi che ho io perché veramente…”

Sono molto curioso di sapere a chi hai fatto leggere per primo questa storia, anche se in forma di bozza, e come questa persona abbia reagito.

Boban:

“Devo essere sincero, l’ho fatto leggere per la prima volta ad un amico: Paolo Cellamare. Per un motivo chiaro: perché Paolo ha conosciuto la mia famiglia, è venuto al mio matrimonio, sa qualcosa della mia storia, ma ha sempre avuto un occhio, un giudizio imparziale cercando di scollarsi di dosso il fatto che stia guardando un prodotto di un mio amico…

Non so se proprio la prima, la prima. Beh, l’editor in realtà è quello che mi seguiva il fumetto, giustamente. Doveva tampinarmi e cercare di starmi dietro. Però la prima persona al quale ho detto ‘lo faccio leggere a’ è stato Paolo ; mi è venuto in mente subito.”

PH by Leonardo Marciano

Restando un po’ in tema Cellamare, anche se il collegamento è un pochettino languo, ritornerai su YouTube come i vecchi tempi?

Boban:

* scuote vigorosamente la testa da destra a sinistra e viceversa più volte*

“Il ritornare su YouTube significa dedicare tempo a YouTube, quello no. A meno che non ci sia un progetto che possa essere legato a YouTube, ma indipendentemente da esso… 

Per me, ormai, YouTube è uno strumento con il quale tu puoi diffondere un contenuto. In questo caso io l’ho utilizzato unicamente per farci un video, per fare promozione del mio libro e per raccontare un po’ come è nato il libro. E quello è uno dei tanti canali, uno delle tante tanti strumenti che ho a disposizione. Indipendentemente poi da quanti numeri fa quel video, non mi interessa. Quando si parla di editoria, in primis il prodotto deve essere sempre valido, perché possa le case editrici investire. 

Tunué effettivamente e indipendentemente investe che io sia stato uno youtuber o meno, che sia stato un autore popolare, o non popolare; a loro interessava unicamente il prodotto. … Quindi effettivamente se dovessi tornare su YouTube, tornerei unicamente per raccontare qualcosa. Vorrei tanto portare una sorta di reportage, non dico documentario, ma un racconto legato al “the game”, che è tipo quella cosa della rotta balcanica che lo chiamano “the game”, dei migranti che passano la rotta balcanica e vivono delle situazioni bruttissime, orribili, attraverso anche testimonianze di ragazzi che l’hanno vissuta… 

Una volta pianifico i post durante la settimana, premeditavo lo strumento perché possa io in qualche modo rimanere comunque connesso con le persone e Instagram per certi versi mi ha stupito. Non tanto Instagram, la piattaforma, ma il pubblico che mi segue su Instagram perché noto ad esempio adesso quando vengono alle fiere, tantissimi dicono: 

‘è da due anni che seguo un po’ le tue avventure di come sta realizzando il libro.’

…e quindi è diventato una sorta di mezzo dove anche posso un pochino sfogarmi. Raccontare il percorso, le difficoltà di della realizzazione di un libro. Ed effettivamente questo non è stato pianificato… Semplicemente è una cosa che io ho fatto naturalmente. Una cosa che mi è venuta così. Ecco e io la intendo così la piattaforma; qualcosa su cui io possa raccontare anche ciò che sto vivendo col mio lavoro… Una cosa che mi ha fatto molto piacere e YouTube no.”

PH by Leonardo Marciano

Concludendo con l’ultima domanda: hai già una piccola idea per un progetto futuro, per un nuovo libro?

Boban:

“Beh, beh, diciamo che la mia voglia di continuare con Tunué è abbastanza alta per come sto vivendo adesso… Effettivamente, sì, ho un’idea. E ti dico solo questa cosa qua: 

‘il piacere di avere astio. Non usiamo odio che forse ce n’è già troppo in questo momento. Avere astio nei confronti di qualcuno, ma per cose futili… un astio un po’ frivolo… ma se fosse solo questo l’astio nel mondo? Forse le cose andrebbero meglio’

… se noi siamo arrivati al punto di preoccuparci anche di cose che sono importanti come le battaglie di parità eccetera eccetera, è perché viviamo bene. Ed è una cosa bellissima vivere bene. Ecco, perché non dare la possibilità anche ad altre persone di preoccuparsi di cose inutili nella vita? Di preoccuparsi di cose futili di oggi: preoccuparsi di svegliarsi, o del perché magari la ragazza che ti piace non ti ha messo like alle storie. Perché queste sono le nostre preoccupazioni. Io vorrei che tutti ci potessimo preoccupare di stronzate, ok? Ed è questo del quale io vorrei in qualche modo parlare nel prossimo libro: di odiare, gioire di stupidaggini, della bellezza di vivere nelle stupidaggini, ma quando si può farlo. Perché quando giunge un qualcosa che è molto più serio che ci tronca la vita e non ci dà la possibilità di pensare le cose stupidi, allora c’è qualcosa che non va. E lì dobbiamo veramente svegliarci, dire forse c’è qualcosa che non funziona. … Non ho detto niente ; ho detto un tema, un macro-tema troppo ampio. Un’idea.”

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